E’ da stamattina che ricevo una nutrita messe di mail su BlogBabel. Mail anche pesanti, provocatorie senza motivo. Accuse di lauti e occulti guadagni (magari!). Oppure cincischiamenti senza fine per una cosa che in fondo a nessuno interessa: il posto in classifica.
Intanto, mi spiace se non ho risposto a tutte: ogni tanto lavoro pure.
Comunque, a certe è meglio che non abbia risposto: c’è una form apposta dove mandare i reclami per un servizio gratuito che non soddisfa abbastanza. E c’è un gruppo di discussione.
Prima qualcuno chiede di esserci nella benedetta classifica, e guardiamo il blog che ha inserito, cambiamo invariabilmente il titolo — una volta che sia giusto! — e lo studiamo e approviamo; poi, quel qualcuno, frustrato dal fatto che non è al posto che sente di meritare, che è invariabilmente il n. 1, il n. 2 o al massimo il n. 3, chiede imbufalito di essere tolto.
Come se gli avessimo fatto un sopruso.
E come se da un database bibliografico, per esempio, si potesse essere tolti a piacere.
Un blog è una cosa pubblica: se uno non vuole rendere pubblica una cosa pubblica, che non la pubblichi su Web. Anzi, che non la pubblichi proprio. La scriva su di un quadernino da chiudere a chiave nel cassetto (e forse, lette certe cose in giro, sarebbe meglio).
Leggo post spiritosi, che ammettono una cosa, in tutta sincerità: alzarsi e vedere la classifica di Blogbabel è diventata una specie di abitudine, per chi accende il computer di prima mattina. Anzi, diventa talmente un’abitudine da generare dipendenza, e così si stacca la spina. Non si guarda più.
Ecco, rispondo in massa a tutti invitandoli a prendere esempio da lui. Mi pare una gran bella idea.
Mi chiedo solo quanti, di quelli che chiedono di essere tolti dalla classifica, sono fra i primi 50-100 blog. Vuoi vedere che non c’è nessuno?
Tanto per curiosità statistica ne terrò il conto.